Contratto a tempo determinato versus contratto a tutele crescenti. Gli obiettivi e i risultati del Jobs Act tra flessibilità e incentivi economici

Autore: Giuseppe Ludovico

Anno: 2017

Numero: 14

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Una delle principali giustificazioni della riforma introdotta con il Jobs Act è stata la promozione del contratto a tempo indeterminato rispetto alle altre forme di lavoro flessibile, tra le quali soprattutto il contratto a termine che ne ha rappresentato storicamente la principale fattispecie concorrente. Muovendo da tali premesse, l’A. esamina le modifiche introdotte nella disciplina del contratto a tempo determinato, evidenziando come, all’esito
della recente riforma, gli spazi di ricorso a questa fattispecie siano in realtà aumentati, sollevando peraltro numerosi dubbi di compatibilità con la relativa direttiva europea. L’incentivazione del contratto a tempo indeterminato è stata così realizzata riducendone le garanzie di stabilità, ma soprattutto introducendo, nel biennio 2015- 2016, sostanziosi incentivi contributivi che scadranno il 1° gennaio 2018. Il rischio che sembra allora profilarsi è che alla definitiva cessazione di questi incentivi il contratto a tempo indeterminato tornerà a subire una
concorrenza anche maggiore da parte del contratto a tempo determinato nel frattempo ampliato nei suoi confini di utilizzo. Gli ultimi dati sull’occupazione sembrano confermare questa tendenza, avendo registrato un forte aumento delle assunzioni a tempo indeterminato al momento dell’introduzione degli incentivi e, successivamente, una loro brusca riduzione, con speculare crescita delle assunzioni a tempo determinato. L’A. si interroga quindi sulla opportunità per il legislatore di tornare sulla disciplina del contratto a termine al fine di ridurre o
contenere la sua capacità di concorrenza rispetto al contratto a tempo indeterminato.