Il contributo analizza il ddl S. 1508 relativo ai disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) nell’istruzione universitaria, evidenziandone innovazioni e limiti alla luce dei principi costituzionali, della normativa nazionale e del diritto antidiscriminatorio europeo. La proposta legislativa rappresenta un passo significativo verso il riconoscimento del diritto allo studio degli studenti con DSA, collocando la personalizzazione dei percorsi come condizione strutturale dell’effettiva partecipazione al sistema universitario. Tuttavia, essa sconta una limitata capacità di inquadramento sistemico, dovuta in particolare alla mancata considerazione delle persone con disabilità e al rischio di sovrapposizione con strumenti già esistenti. La necessità di adeguati accomodamenti ragionevoli, di un solido impianto organizzativo e di una governance coordinata emerge come fattore determinante per evitare una tutela frammentata, dipendente dalla geografia istituzionale degli Atenei. Il paper sostiene che affinché l’inclusione diventi pratica trasformativa e non mero adempimento, occorre un salto culturale che valorizzi il diritto di apprendere in un ambiente universalmente accessibile, facendo della personalizzazione un indicatore di qualità del sistema universitario. Il ddl S. 1508 costituisce pertanto un banco di prova per la capacità delle università italiane di coniugare equità, efficacia e innovazione didattica.
